Tasse Trading: cosa c’è da sapere. Guida alla dichiarazione dei redditi

Come si pagano le tasse di trading? Cosa devo dichiarare?

Chi comincia a fare trading spesso rimane stupito dai profitti che riesce ad ottenere, anche partendo da somme davvero molto piccole, comprese tra i 50 e i 200 euro.

Spesso si riesce a ottenere un beneficio economico in unico giorno fortunato di trading online quanto si guadagna in un intero mese di duro lavoro normale. Ognuna di queste entrate, però, dovrà essere dichiarata per pagare le imposte.

In questa guida alle tasse del trading ti spiegheremo:

  • come calcolare e pagare le tasse
  • i riferimenti normativi
  • il supporto offerto dalle migliori piattaforme

I migliori broker, infatti, forniscono assistenza completa ai propri utenti anche dal punto di vista fiscale. Come? Fornendo in maniera immediata tutta la documentazione necessaria per compilare in maniera corretta la dichiarazione dei redditi, con un prospetto chiaro ed esaustivo contenente tutte le transazioni eseguite nell’anno fiscale e i relativi benefici (o le relative perdite).

Uno dei broker più trasparenti e reattivi da questo punto di vista è sicuramente eToro, molto apprezzato per il servizio di assistenza al cliente davanti ad ogni sua necessità.

eToro è anche molto apprezzato dai trader principianti visto che consente di copiare i trader che nel passato hanno ottenuto i migliori risultati.

In questo modo un principiante riesce ad ottenere da subito gli stessi risultati di trader con esperienza e, allo stesso tempo, può anche imparare il trading online proprio osservando in diretta quello che fanno i migliori.

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Tasse trading – riepilogo:

🧮 Su cosa si calcolano?Plusvalenze
💸 A quanto ammontano?26%
📉 Tasse sulle perdite?No
💶 Tipi di regime fiscale:Sostitutivo o dichiarativo
🏆 Migliori piattaforme:eToro / XTB

Tasse trading costo: a quanto ammontano in Italia?

Sappiamo bene che la pressione fiscale in Italia è la più elevata al mondo e che le tasse sono la spesa più alta che ogni italiano deve sostenere. Tuttavia, nel caso dei profitti del trading online, il nostro è uno dei regimi fiscali più convenienti.

Che si tratti di profitti sul Forex o di plusvalenze da CFD, l’aliquota è solo del 26%.

Insomma, lo Stato si prende un quarto dei nostri profitti tramite imposta sostitutiva sul reddito. Può sembrare poco in rapporto a quanto prende tra trattenute previdenziali e imposte dirette sul lavoro dipendente o autonomo, ma che sono comunque molti soldi.

Il bello di questa aliquota è che non varia in rapporto al reddito. Ciò significa che si possono fare 500 euro al mese o 5.000 euro al giorno (come però succede solo ai guru della finanza e dei mercati che riescono a vivere di trading) e l’aliquota sarà sempre del 26%.

Francamente, non ci dovrebbe essere bisogno di specificarlo, possiamo dire che conviene pagare. 

Ci sono investitori che ottengono rendimenti importanti e iniziano presto a dover pagare le tasse sul trading. Questo perché i servizi esclusivi di alcuni broker possono portare a fare entrate anche in tempi brevi:

  • Con eToro, ad esempio si possono copiare tutte le operazioni dei trader che hanno ottenuto buoni rendimenti nel passato, con il minimo rischio.
  • Con XTB, invece, si ha a disposizione un vero esperto che fornisce indicazioni precise per evitare di commettere errori.

Ottenere benefici economici con il trading online (quando succede) può essere molto soddisfacente, ma non tutti i soldi che arrivano sul conto corrente sono nostri. Perché anche lo Stato vuole la sua parte e bisogna ricordarsi di pagare le tasse sui profitti.

Come si pagano le tasse sul trading

Passiamo adesso alle considerazioni di tipo pratico: come si pagano le tasse sul trading.

Esistono due casi possibili che dipendono dall’inquadramento giuridico della piattaforma di trading online che utilizzeremo per le nostre operazioni.

Si tratta di una questione prettamente burocratica, perché il livello della tassazione è sempre fisso al 26% dei profitti.

Regime sostitutivo

Il primo dei due casi è quello in cui il broker “sostituisce” il trader per il versamento delle tasse. Ciò significa che tutti i risultati che otterrai appoggiandoti a questo intermediario saranno netti, perché la percentuale di tasse ti verrà già scalata dal broker stesso.

Infatti, se la piattaforma di trading che utilizziamo è riconosciuta dallo Stato italiano come sostituta d’imposta, non dovrai fare niente.

In questo caso si parla di regime sostitutivo o amministrato: sarà la piattaforma a occuparsi di sottrarre direttamente il dovuto dal tuo conto di trading e a versarlo all’Agenzia delle Entrate.

Regime dichiarativo

Se invece la piattaforma non è riconosciuta come sostituto d’imposta le cose sono solo un po’ più complicate ma niente paura.

In questo caso il pagamento delle imposte (e il calcolo) è a carico del contribuente. Per fare questo calcolo dovrai esaminare tutte le operazioni fatte durante un anno solare (anno precedente) e fare la somma algebrica di profitti e perdite: ovviamente i profitti hanno il segno più e le perdite il segno meno.

La cifra ottenuta va inserita nell’apposita sezione della dichiarazioni dei redditi e costituisce l’imponibile su cui va calcolata l’imposta del 26%.

Nella dichiarazione dei redditi, le plusvalenze, o capital gain, che costituiscono redditi originati da rapporto con broker esteri e che costituiscono quindi importi su cui pagare le tasse sul trading devono essere dichiarate nel Quadro RT – Plusvalenze di natura finanziaria, Sezione II, righi da RT 21 a RT 30 del Modello Redditi Persone Fisiche.

L’inquadramento fiscale di questa particolare tipologia di reddito è quindi quello dei redditi diversi di cui agli articoli 67 e seguenti del TUIR.

Di solito le piattaforme di trading forniscono tutta la documentazione necessaria, rendendo quindi molto semplice il calcolo per te o per il tuo commercialista.

Come si vede non è affatto difficile e sarebbe davvero un peccato rinunciare alle possibilità offerte dagli investimenti online solo per evitare di fare qualche calcolo.

Allo stesso modo, almeno a nostro parere, non ha senso evitare di pagare questa tassa. Di certo non è molto elevata rispetto alle buone possibilità di profitto del trading e ci consente, come detto poco sopra, di dormire sonni tranquilli.

Come non pagare le tasse sul trading

Alcuni credono che lo Stato non abbia modo, di fatto, di controllare i risultati fatti con i broker, soprattutto se questi hanno sede all’estero. Forse fino a quando i risultati sono nell’ordine di poche migliaia di euro al mese si è il classico ago nel pagliaio, ma questo gioco non vale la candela di evadere rischiando multe e sanzioni salatissime!

I controlli per verificare l’origine del denaro presente su un conto corrente ci sono e sono anche severi. Anche per questo è molto meglio dichiarare tutto, anche considerando che il livello di tassazione non è per il momento molto elevato.

Il nostro consiglio è sempre quello di rinunciare ad una parte dei propri profitti e dormire sonni tranquilli.

Dobbiamo poi considerare anche il discorso morale. Alcuni traders riescono a ottenere delle cifre importanti, soprattutto sul medio/lungo periodo, in alcuni casi anche senza disporre di capitali elevati.

Quando un’attività diventa particolarmente redditizia, le tasse si possono anche pagare e lo si può fare tranquillamente senza gli affanni di chi ha un’impresa, visto che il trading non impone alcun costo di commissione.

Migliori piattaforme per trading online

Per tutti coloro che vogliono ottenere il massimo dal trading online, senza rischi e senza pagare commissioni, suggeriamo nei prossimi paragrafi queste piattaforme:

  • XTB
  • eToro

Tali piattaforme di broker di trading online non sono sostitute d’imposta. Ciò significa che per pagare le tasse con simili intermediari bisogna farlo in regime dichiarativo. Ma come abbiamo visto la procedura per farlo è molto semplice:

  1. A fine anno solare si richiede al broker il materiale relativo a tutte le transazioni finanziarie effettuate sul proprio conto di investimento. Qui vengono riportate entrate e uscite, benefici economici e minusvalenze.
  2. Con questa documentazione la soluzione migliore è recarsi dal commercialista e chiedergli di fare la dichiarazione dei redditi.
  3. Il commercialista effettuerà autonomamente il calcolo e chiederà al proprio cliente solo di organizzarsi per versare le tasse al momento opportuno.

Ricordiamo che se investi sulla Borsa online, puoi godere anche di un’altra agevolazione. Come anticipato, quando nell’anno fiscale precedente si sono subite solo perdite nel bilancio finale, queste spese si detraggono dalle tasse da pagare sui risultati attuali.

Questo può portare a un grande risparmio nel caso di un anno precedente particolarmente infruttuoso e di un anno successivo in ripresa.

Tornando sul nostro argomento: perché abbiamo selezionato questi broker se sono in regime dichiarativo? Perché non esistono broker validi e legali che siano sostituti d’imposta autorizzati a operare in Italia. Di conseguenza abbiamo pensato fosse bene parlare qui dei 3 migliori broker con regime dichiarativo.

eToro

eToro è veramente uno dei migliori broker per il trading online in assoluto, particolarmente apprezzato dai principianti.

Il suo strepitoso successo è dovuto al fatto che consente di copiare quello che fanno altri trader della piattaforma, ossia quelli che operano con meno rischi e con i rendimenti più interessanti.

Il Copytrading di eToro, software brevettato, riesce facilmente a individuare questi trader (detti Popular Investor). Il cliente di eToro può selezionare i trader che vuole copiare e sarà il software successivamente che si occuperà di replicare, in tempo reale, tutte le operazioni.

Sei un trader alle prime armi? Hai poco tempo per seguire l’andamento dei mercati? Chi si iscrive su eToro può anche fare a meno del calendario economico, potendo selezionare i migliori trader della piattaforma da copiare.

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XTB

XTB è una piattaforma sicura e affidabile, che garantisce la possibilità di operare su tutti i principali mercati finanziari senza pagare commissioni.

Questo broker rappresenta una grande opportunità per coloro che vogliono cominciare a fare trading online e non vogliono commettere errori. È un broker sicuro, affidabile e onesto, molto conveniente per l’assenza di commissioni e di costi di qualunque tipo.

Tutti gli iscritti di XTB ricevono gratuitamente l’assistenza di un vero esperto di trading che fornisce loro preziosi consigli e indicazioni.

Inoltre, chi vuole può scaricare una guida al trading veramente fatta bene, che infatti ha riscosso un successo strepitoso con centinaia di migliaia di download. Come mai tanto successo? Semplice, la guida è gratuita mentre le altre guide disponibili sono a pagamento (e di solito costano tanto).

Inoltre è una guida semplicissima da leggere, anche per un principiante, e tutta orientata alla pratica.

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Quando si pagano le tasse sul trading?

Dal punto di vista temporale, le tasse sul trading vanno pagate annualmente, inserendo in dichiarazione dei redditi tutti i risultati ottenuti con l’attività di investimento online.

Serve un commercialista? Non è obbligatorio, puoi compilare la dichiarazione dei redditi anche in autonomia ma affidarti ad un professionista potrebbe semplificare notevolmente la procedura, evitandoti anche errori dettati dall’inesperienza.

Se invece analizziamo la questione dal punto di vista quantitativo, le tasse sul trading vanno pagate esclusivamente quando l’attività di investimento comporta un beneficio economico. Vediamo più nel dettaglio come.

Come si calcolano le tasse sul trading?

La tassazione prevede il versamento del 26% sulle plusvalenze nette (insieme ad uno 0,2% sul saldo di IVAFE, l’equivalente dell’imposta di bollo italiana).

Esempio semplificato: investi 100, arrivi a 150, le tasse che dovrai corrispondere saranno il 26% di 50, ossia la plusvalenza netta ottenuta.

Cosa succede invece in caso di minusvalenze? Non è prevista alcuna tassa di trading sulle perdite, quindi se i tuoi investimenti saranno in passivo non dovrai versare nulla.

Attenzione però: il tuo conto di trading dovrà essere ugualmente dichiarato, anche in caso di minusvalenza, se il conto si trova all’estero e la tua residenza fiscale è in Italia. In questo caso pagherai solamente l’imposta IVAFE.

Quindi, se hai un conto di trading estero devi presentare sempre la dichiarazione dei redditi, sia esso in attivo o meno. In caso di plusvalenze dovrai anche versare l’aliquota del 26%, compilando i quadri RT, RM, e/o RL della dichiarazione.

Tasse trading: riferimenti normativi

Prima di concludere la nostra guida, vogliamo fare un riassunto di quanto detto lasciandovi qualche nozione di stampo più tecnico per approfondire l’argomento.

I redditi realizzati da una persona fisica, derivanti da operazioni di compravendita di valute estere a pronti sul mercato Forex o altri mercati CFD, costituiscono plusvalenze ed altri proventi.

Queste plusvalenze derivano da differenziali positivi di contratti aleatori i quali assumono rilevanza reddituale ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. c-quinquies), del DPR n. 917/86.

Successivamente, l’articolo 9, comma 7, ex D.Lgs. n. 141/2010 ha modificato l’art. 1, comma 4 del Testo Unico della Finanza (T.U.F.) – D.Lgs. n. 58/1998 –.

Questo prevede che i contratti di acquisto e vendita di valuta, estranei a transazioni commerciali e regolati per differenza, anche mediante operazioni di rinnovo automatico (c.d. roll-over), debbano essere individuati tra i contratti finanziari differenziali, considerati, pertanto, come strumenti finanziari derivati.

La Risoluzione n. 102/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate, tenendo conto della classificazione sancita dal D.Lgs. n. 141/2010 e recepita dal T.U.F., specifica come:

analogamente, sono da considerarsi strumenti finanziari riconducibili alla categoria dei contratti “differenziali” quelli di compravendita in valuta che, pur in assenza di clausole contrattuali che prevedano espressamente il rinnovo automatico, presentino caratteristiche tali da consentire di mantenere aperte overnight le posizioni a fine giornata (con conseguente trasformazione della posizione spot in una posizione a termine)”.

Nel Trading Online, relativamente ai redditi originatisi sul mercato Forex o altri mercati CFD, occorre rifarsi all’articolo 67, comma 1 DPR n 917/86.

Se tali redditi sono percepiti a soggetto persona fisica, non afferente attività di impresa, tali proventi sono soggetti ad imposta sostitutiva del 26%.

Questo è quanto ribadito anche dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n 102/E/2011.

Tasse trading crypto

Negli ultimi anni si è diffuso moltissimo anche il trading di criptovalute. Come si pagano le tasse in questo caso? Ebbene, valgono esattamente le stesse regole che si applicano al trading di qualunque altro asset finanziario.

Per le crypto bisogna quindi calcolare il 26% sulle plusvalenze ottenute, anche se attualmente è possibile godere di una franchigia che tutela coloro che non hanno immobilizzato grandi capitali.

Secondo la normativa fiscale, infatti, bisogna individuare il valore delle criptovalute possedute: il controvalore verrà calcolato a partire dalla soglia di 51.645,69 €, se questo importo è stato detenuto per almeno 7 giorni consecutivi.

Il tasso di cambio adottato è quello dell’inizio del periodo d’imposta (ossia l’anno in cui la plusvalenza è stata registrata).

Consigliamo di effettuare tutte le dichiarazioni in modo corretto perché ormai le transazioni in criptovalute sono quasi sempre tracciabili (almeno in modo indiretto) e si rischiano quindi sanzioni in caso di mancato adempimento. Anche in questo caso, un commercialista potrà aiutarvi a compilare correttamente la dichiarazione dei redditi.

Tasse trading Forex

Anche per il mercato valutario è importante conoscere le soglie di esenzione, oltre le quali vanno dichiarati tutti i profitti ottenuti.

Esattamente come per le criptovalute, la normativa (attraverso il già citato articolo 67 del DPR n. 917/86) ha stabilito che:

La tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute provenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente sia superiore a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è stata realizzata.

Le tasse sul Forex vengono quindi calcolate come per le criptovalute, con una soglia di esenzione che tutela i piccoli investitori.

Strategie per Gestire le Tasse nel Trading

Nel contesto dell’investimento e del trading, gestire le tasse in modo efficace è fondamentale per massimizzare i risultati e rimanere in conformità con le normative fiscali. Uno dei passi chiave è tenere traccia accurata di tutte le transazioni, i benefici e le perdite.

Mantenere registri dettagliati ti aiuterà a calcolare le tasse in modo accurato e a evitare errori nell’adempimento delle tue obbligazioni fiscali. Inoltre, considera l’opzione di consulenza da parte di un professionista esperto in materia fiscale. Un consulente può aiutarti a comprendere meglio le leggi fiscali in relazione alle tue attività di trading e a ottimizzare la tua strategia fiscale.

Scegliere il regime fiscale giusto è un altro passo critico. Valuta se il regime sostitutivo o quello dichiarativo è più adatto alle tue circostanze finanziarie e alla frequenza delle tue attività di trading. Inoltre, pianifica con attenzione i tempi di pagamento delle tasse per evitare sanzioni e multe. Prendi in considerazione la creazione di un fondo di riserva dedicato alle tasse, in modo da avere i fondi disponibili quando è il momento di pagare.

Infine, mantieni sempre l’onestà e la trasparenza nelle tue operazioni. Evita tentativi di elusione fiscale o comportamenti non conformi alle leggi. Una strategia di rischio basata sulla legalità e l’etica ti permetterà di costruire una base solida per il tuo successo a lungo termine nel mondo del trading.

Tasse sul Trading

Opinioni Finali

In questa guida abbiamo visto che fare trading se è profittevole non è esente da tasse. Tuttavia, vista l’aliquota prevista, non possiamo parlare di pressione fiscale asfissiante, soprattutto in rapporto ad altri settori.

Dal momento che i migliori broker portano ad una tassazione in regime dichiarativo, il consiglio è, se non si è esperti di tributi, di mettersi nelle mani di uno specialista e risolvere il problema a livello tecnico quando si vedono arrivare i primi risultati.

In questo modo avremo la garanzia di operare nell’ambito della legalità, senza incorrere in problemi fiscali che potrebbero essere di gran lunga peggiori di eventuali perdite che potremmo avere sui mercati. Ricordati di affidarti sempre e solo a broker sicuri e certificati, così da ricevere anche pieno supporto per la documentazione necessaria per la dichiarazione dei redditi.

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Domande Frequenti

A quanto ammontano le tasse sui profitti di trading?

Le tasse sono pari al 26% dei profitti netti, indipendentemente dal livello di reddito.

Come si pagano le tasse sui profitti?

Per i broker che non sono sostituti di imposta, basta farsi dare la dichiarazione relativa all’anno precedente e portarla al commercialista. E’ una procedura comunque facile e veloce.